domenica 5 aprile 2009

Vedove, mogli, amanti

Leggendo il libro allegato alla rivista Le scienze, in edicola questo mese, sono incappato in una notizia curiosa riguardante il matematico svedese Gösta Mittag-Leffler (1846-1927):
Secondo il folklore matematico, è a causa sua se non viene assegnato il premio Nobel per la matematica. Si racconta che avesse una relazione con la moglie di Nobel, il quale la scoprì. È una storiella divertente, ma Nobel non era sposato.
Se ne parla anche su Wikipedia qui: dal momento che Nobel non era sposato, si tratterebbe di una leggenda urbana.

Questa notizia mi ha ricordato un'altra "leggenda urbana", quella legata alla concessione dell'indulgenza del Perdono da parte del papa Pio IV (Gian Angelo Medici) alla chiesa di San Giovanni Battista di Melegnano nel 1564. Così lo storico Ferdinando Saresani scrisse nel 1851:
Corre tuttora in Melegnano, e non interrotta pel longo volgere di anni la tradizione, che essendo il Medici solo ancora Cardinale, un giorno, dopo quelli che egli aveva passati per una visita a Milano, visitò questo Borgo, di cui era feudatario, per indi poi recarsi a Bologna, dove teneva il posto di Prolegato Apostolico. Gli abitanti tripudiavano di gioja al modesto contegno, ed alle amorevoli parole del porporato loro Signore; ma non così la vedova sua Cognata Maria Orsini, cui mordeva rancore, che a Lui fosse passata per diritto l'autorità del defunto di lei maritto Gian Giacomo, e ch'ella tanto vagheggiava per ambizione. Sopraffatta dall'irosa passione, non seppe dissimularne gli stimoli; ed all'Eminentissimo Cognato che già si appressava al Castello, non solo non degnò mostrarsi incontro, ma a colmo di dispetto, ordinò si alzasse il ponte levatojo, e gli fosse per via chiuso il passo ad entrarvi.

Fu grande l'ingiuria di quella donna ambiziosa, ma non brillò meno fulgida la virtù di quel magnanimo Prelato, che non levossi a sdegno, nè diè parola di risentimento per sì flagrante offesa. Fatto egli invece esempio di mansuetudine e modestia rivolgeva il passo per riparare altrove, da che il giorno imbruniva, e a proseguire il suo viaggio correa per lunga tratta la strada, prima che si presentasse luogo opportuno a pernottare. Ma il Proposto Parroco d'allora non volle no, che gli sfuggisse un'occasione sì opportuna a testificare al Prelato suo Signore quanta venerazione egli nutrisse per lui, o quanta stima. Gli profferse a quest'uopo la casa sua parrocchiale, e vi dispose colla possibile decenza quell'alloggio, che il Prelato stesso accettò con tanta affettuosità di animo, che eguagliava il trasporto del cuore che glielo aveva offerto.

Partì l'indomani il Medici, e col sorriso della sua bocca, e colle sue parole, mentre volea attestare al pietoso parroco la sua gratitudine per l'usatagli cortesia, voleva in pari tempo assicurarlo, che dove appena l'occasione si fosse presentata, l'avrebbe rimerito di premio. L'accorto Parroco lesse a quell'atto nell'animo del generoso porporato; e come egli seppe, che ricondotosi qual si era a Bologna, dopo la morte di Paolo IV, il Cardinale Medici venne assunto al trono Pontificio col nome di Pio IV°, presentì spuntata quell'epoca in cui dovesse compiersi una sua brama, che lo spirituale vantaggio de' suoi rendea sempre più ardente. A questo fine non servissi egli dello scritto; ma troppo bene sapendo che meglio di questo riesce e giova la parola viva, si condusse egli stesso a Roma, ed ai piedi del nuovo eletto Pontefice. E quale credete voi, sarà l'oggetto della sua domanda? Il vanitoso avrebbe chiesto tutt'altra cosa: ma il buon pastore, e sollecito del bene delle pecore a lui affidate, avvanzò un'istanza, perchè gli fosse concesso un tesoro che è meglio, che tutti i tesori della terra, voglio dire quella Plenaria Indulgenza, che tuttora fa distinto sovra mille altri, questo Borgo. [...]

Di quale credibilità vorrà degnarsi dal lettore questa mia narrazione, non lo saprei calcolare
Già Cesare Amelli nel 1963 evidenziava una grave incongruenza in questo racconto: la moglie di Gian Giacomo Medici, Marzia Orsini, era premorta al marito nel 1548, parecchi anni prima che il cognato Gian Angelo, il futuro Pio IV, diventasse cardinale.

Anche qui una vedova inesistente, come una moglie inesistente nel caso di Nobel, ci segnala che siamo in presenza di una "leggenda urbana"?

Lo stesso Amelli nel 1973 dichiarava:
Il racconto della tradizione che presenta la cognata vedova che alza il ponte levatoio per rifiutare il cardinale è una storiella, è una fantasiosa colorita fiaba da letteratura infantile. [...] A fondamento della concessione della Bolla non sta, dunque, una bieca arruffata vicenda familiare, e neppure un atto di specifica eccezionale riconoscenza campanilistica; ma sta il desiderio del papa Pio IV di diffondere l'uso delle indulgenze, secondo il rinnovato clima religioso morale della Controriforma e la nuova disciplina conciliare.
A queste parole allora avrei sottoscritto pienamente. Per come la vedevo, all'origine del racconto del Saresani c'era una leggenda eziologica nata tra la gente di Melegnano a causa del fraintendimento della parola "Perdono". Perché Pio IV aveva concesso il Perdono? Ovviamente perché in qualche modo era stato offeso. E da chi era stato offeso? Qui qualcuno aveva scatenato la fantasia, inventando una inesistente cognata vedova e un episodio degno di un romanzo storico d'ambientazione medioevale. Qualcun altro (forse lo stesso Saresani), al corrente del vero significato della parola "Perdono", aveva accolto la storia dell'offesa divenuta tradizionale, ma aveva collegato l'indulgenza a un sentimento di riconoscenza provato dal futuro papa per l'ospitalità dei melegnanesi.

Ero molto soddisfatto da questa ricostruzione, che mi pareva economica e razionale. Tutto bene, dunque?

Ahimè no, l'avevo fatta troppo semplice. Alla fine è saltato fuori che un rifiuto d'ospitalità c'era stato davvero e che si trattava proprio di "una bieca arruffata vicenda familiare", legata ai pessimi rapporti tra Giovan Angelo da un lato e il fratello Agosto e la moglie di quest'ultimo dall'altro. Lo stesso Amelli ha scoperto la fonte e ne parla nel suo libro del 1995 su Pio IV. Poiché il libro da cui l'Amelli ha tratto la notizia può essere letto su internet, metto qui un bel link alla pagina:

Testo non disponibile

Allora: la storia dell'affronto subito dal futuro papa Pio IV compare in un volume pubblicato nel 1857, sei anni dopo le parole del Saresani, in una relazione dell'ambasciatore veneto Girolamo Soranzo datata 14 giugno 1563, che il curatore Albèri dichiara inedita (a pag. 65). A meno che l'episodio non sia citato anche in qualche altra opera precedente al XIX secolo, dobbiamo concludere che a Melegnano nell'Ottocento circolasse una tradizione orale vecchia di tre secoli, appena appena deformata, che (forse erroneamente) veniva collegata con l'indulgenza del Perdono.

La morale? Forse ad avere una relazione col matematico Mittag-Leffler non è stata l'inesistente moglie di Nobel ma l'amante. Bisognerebbe approfondire.


Bibliografia:
  • John Derbyshire, L'ossessione dei numeri primi. Bernhard Riemann e il principale problema irrisolto della matematica, Torino, Bollati Boringhieri, 2006 (ora La biblioteca delle Scienze, 2009), pag. 108, nota 3.
  • Giacinto Coldani - Ferdinando Saresani, Cenni storici dell'antico e moderno insigne borgo di Melegnano, Melegnano, Dedè, 1886, pag. 46-48 (= f. 13,2ss. del manoscritto).
  • Cesare Amelli, Il Perdono di Pio IV, Melegnano 1963 (I libri della collana storica melegnanese, 5), pag. 24-25.
  • Cesare Amelli, Festa e fiera del Perdono di Melegnano, Melegnano 1973, pag. 8-9.
  • Cesare Amelli, Il cuore e la legge, Giovanni Angelo Medici papa Pio IV, Melegnano 1995. pag. 58-59.
  • Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato durante il secolo decimosesto edite dal cav. Eugenio Albèri, Firenze, Società editrice fiorentina, 1857, volume X (serie II, tomo IV), pag. 94.